lunedì 20 settembre 2010

Abolizione del canone RAI per soggetti di età pari o superiore a 75 anni

CIRCOLARE N. 46/E
Roma, 20 settembre 2010
OGGETTO: Abolizione del canone RAI per soggetti di età pari o superiore a
75 anni –– Articolo 1, comma 132, legge 24 dicembre 2007, n.
244
Direzione Centrale Normativa
Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti

Indice
1. PREMESSA................................................................................................................................................. 3
2. REQUISITI PER LA FRUIZIONE DELL’AGEVOLAZIONE.............................................................. 4
3. PROCEDURA PER BENEFICIARE DELL’ESENZIONE..................................................................... 6
4. RIMBORSO DEL CANONE CORRISPOSTO......................................................................................... 8
5. SANZIONI ................................................................................................................................................... 9
6. ASSISTENZA AI CONTRIBUENTI........................................................................................................ 10

1. PREMESSA
L’articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge
finanziaria 2008), come modificato dall’articolo 42 del decreto-legge 31 dicembre
2007, n. 248, convertito, con integrazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31,
dispone che:“ A decorrere dall’anno 2008, per i soggetti di età pari o superiore a
settantacinque anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore
complessivamente a euro 516,46 per tredici mensilità, senza conviventi, è abolito il
pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente per
l’apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza. Per l’abuso è irrogata una
sanzione amministrativa, in aggiunta al canone dovuto e agli interessi di mora,
d’importo compreso tra euro 500 ed euro 2.000 per ciascuna annualità evasa.”.
Il richiamato comma 132 non pone più limiti quantitativi alla fruizione
dell’agevolazione, a differenza del testo originario che consentiva di godere
dell’esonero dal pagamento del canone RAI entro il limite stanziato dal legislatore a
copertura del beneficio (euro 500.000,00).
Nell’attuale versione, inoltre, la norma in esame trova immediata
applicazione, essendo stato eliminato il rinvio all’emanazione di un decreto
ministeriale per la definizione delle relative disposizioni attuative.
L’agevolazione si applica con riferimento ai canoni di abbonamento alle
radioaudizioni dovuti a decorrere dall’anno 2008. Qualora il contribuente, in
presenza dei requisiti necessari per fruire della esenzione, abbia effettuato il
versamento del canone, può recuperare gli importi versati tramite la presentazione di
una istanza di rimborso.
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti in ordine ai criteri e alle
modalità da osservare ai fini dell’applicazione del beneficio in parola.

2. REQUISITI PER LA FRUIZIONE DELL’AGEVOLAZIONE
Il godimento dell’agevolazione in esame è subordinato alla sussistenza
congiunta di requisiti soggettivi nonché alla circostanza che l’esenzione debba
essere riferita all’apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza.
In particolare la norma in commento stabilisce che colui che richiede
l’agevolazione deve:
a) aver compiuto 75 anni di età entro il termine per il pagamento del canone
di abbonamento RAI (attualmente il 31 gennaio e il 31 luglio di ciascun
anno );
b) non convivere con altri soggetti diversi dal coniuge;
c) possedere un reddito che, unitamente a quello del proprio coniuge
convivente, non sia superiore complessivamente ad euro 516,46 per tredici
mensilità.
Con riferimento ai requisiti sopra elencati si formulano le seguenti
precisazioni.
Nell’ipotesi in cui l’abbonamento alle radioaudizioni venga attivato nel corso
dell’anno, il requisito di cui alla lettera a) deve essere posseduto alla data in cui il
predetto contratto viene in essere.
La norma in commento stabilisce, altresì, che il beneficiario
dell’agevolazione in trattazione non deve convivere con altri soggetti diversi dal
coniuge.
Tale disposizione va interpretata nel senso che colui che intende godere
dell’esonero dal pagamento del canone RAI non deve convivere con altri soggetti,
diversi dal coniuge, che siano titolari di un reddito proprio. La prospettata
interpretazione è in linea con la finalità della norma, che è quella di tutelare soggetti
anziani che versano in condizioni di particolare disagio socio-economico.
Per quanto attiene al requisito di cui alla lettera c), si osserva che il limite di
reddito, pari ad euro 6.713,98 (516,46 per tredici mensilità), è dato dalla somma del
reddito imputabile al soggetto interessato all’agevolazione e al coniuge convivente
dello stesso e deve essere riferito all’anno precedente a quello per il quale si intende
fruire dell’agevolazione.
La circostanza che la disposizione in esame faccia riferimento ad un preciso
importo di reddito, fissato nella misura di euro 516,46, esclude la possibilità di
prevedere, in via interpretativa, un adeguamento di detto importo al limite di reddito
previsto per le pensioni in favore dei soggetti disagiati (articolo 38 della legge 28
dicembre 2001, n. 448).
Per quanto riguarda le modalità di determinazione del reddito, si rileva che la
norma assume a riferimento il “reddito” e non il “reddito complessivo”. È da
ritenere che, ai fini del godimento dell’agevolazione in esame, il legislatore abbia
inteso tener conto di ogni reddito che entra nella disponibilità del beneficiario e del
suo coniuge convivente, indipendentemente dall’assoggettamento dello stesso
reddito alla tassazione ordinaria prevista ai fini dell’IRPEF. Tale interpretazione
appare aderente alla finalità perseguita dalla norma in commento, la quale intende
tutelare i soggetti che versano in condizioni di effettivo disagio economico.
Per le motivazioni suesposte, il reddito che rileva, ai fini della fruizione
dell’agevolazione, è quello dato dalla somma:
• del reddito imponibile (cioè al netto degli oneri deducibili) risultante dalla
dichiarazione dei redditi presentata per l’anno precedente. Per coloro che
sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione, si assume a
riferimento il reddito indicato nel modello CUD;
• dei redditi soggetti ad imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, quali,
ad esempio, gli interessi maturati su depositi bancari, postali, BOT, CCT e
altri titoli di Stato, nonché i proventi di quote di investimenti
• delle retribuzioni corrisposte da enti o organismi internazionali,
rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte
dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali
della Chiesa cattolica;
• dai redditi di fonte estera non tassati in Italia.
Viceversa, sono esclusi dal calcolo:
1) i redditi esenti da Irpef (ad esempio pensioni di guerra, rendite INAIL,
pensioni erogate ad invalidi civili);
2) il reddito dell’abitazione principale e relative pertinenze;
3) i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni
4) altri redditi assoggettati a tassazione separata.
3. PROCEDURA PER BENEFICIARE DELL’ESENZIONE
Per poter fruire dell’esenzione di cui all’articolo 1, comma 132, della legge
24 dicembre 2007, n. 244, gli interessati devono compilare – utilizzando il modello
allegato sub 1 alla presente circolare, pubblicato anche sul sito internet dell’Agenzia
delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) – la dichiarazione sostitutiva ai sensi degli
articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni e
integrazioni, che attesti il possesso dei requisiti e delle condizioni di ammissione
previsti dalla norma agevolativa.
La dichiarazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata entro il
30 aprile di ciascun anno, da parte di coloro che per la prima volta fruiscono del
beneficio.
Coloro che intendono fruire del beneficio per la prima volta relativamente al
secondo semestre dell’anno (semprechè il compimento dei 75 anni avvenga entro il
31 luglio, data di scadenza del pagamento del canone per il secondo semestre)
devono presentare la dichiarazione sostitutiva entro il 31 luglio.
Nelle annualità successive, i contribuenti possono continuare a beneficiare
dell’agevolazione senza procedere alla presentazione di nuove dichiarazioni. Resta
fermo, tuttavia, che qualora il contribuente, negli anni successivi alla presentazione
della dichiarazione, non risulti più in possesso dei requisiti per beneficiare della
esenzione, sarà comunque tenuto al versamento del canone.
Per quanto concerne l’anno in corso, si precisa che per beneficiare
dell’esenzione dal canone dovuto per il secondo semestre la dichiarazione deve
essere spedita o consegnata non oltre il 30 novembre 2010.
La dichiarazione deve essere presentata entro il 30 novembre 2010 anche dai
soggetti che, in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione negli anni 2008,
2009 e 2010, non hanno effettuato il versamento del canone senza procedere ad
alcuna comunicazione nei confronti degli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Sono, inoltre, tenuti alla compilazione della dichiarazione sostitutiva i
contribuenti che intendono chiedere il rimborso dei canoni di abbonamento pagati
per gli 2008, 2009 e 2010. In tal caso, la dichiarazione sostitutiva attestante il
possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione nei periodi per i quali viene
chiesto il rimborso, deve essere presentata unitamente alla istanza di rimborso
medesima.
Non sono, invece, tenuti alla presentazione di una nuova dichiarazione, i
contribuenti che, prima dell’emanazione della presente circolare, hanno già
presentato la domanda per ottenere l’esenzione dal pagamento.
Resta salva, ovviamente la facoltà da parte degli uffici di richiedere eventuale
documentazione integrativa al fine verificare la spettanza del diritto all’agevolazione
in capo al contribuente.
I soggetti che nel corso dell’anno attivano per la prima volta un abbonamento
al servizio radiotelevisivo, in possesso dei requisiti per beneficiare della
disposizione di cui all’articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
per fruire di tale beneficio, devono consegnare o spedire la dichiarazione di cui
sopra entro sessanta giorni dalla data in cui è sorto l’obbligo di pagamento del
canone.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 71 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445,
sulle dichiarazioni presentate saranno effettuati idonei controlli, anche a campione,
volti ad accertare la veridicità dei dati dichiarati.
In riferimento alle modalità di spedizione della dichiarazione di esonero dal
pagamento del canone RAI, si fa presente che la stessa potrà, alternativamente,
essere:
• spedita a mezzo del servizio postale in plico raccomandato, senza busta, al
seguente indirizzo: AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TORINO 1 S.A.T. –
SPORTELLO ABBONAMENTI TV – 10121 – TORINO.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 38, terzo comma, del DPR n. 445 del
2000, alla dichiarazione sostitutiva va allegata copia fotostatica non
autenticata del documento di identità del sottoscrittore.
• Consegnata dall’interessato presso un ufficio locale o territoriale, ove già
istituito, dell’Agenzia delle entrate. Gli indirizzi degli uffici sono consultabili
sul sito www.agenziaentrate.it;
4. RIMBORSO DEL CANONE CORRISPOSTO
Coloro che hanno pagato il canone di abbonamento relativo agli anni 2008,
2009 e 2010 pur essendo in possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione in
trattazione, possono chiederne il rimborso inoltrando apposita istanza, in carta
libera, utilizzando il modello allegato sub 2 alla presente circolare, reperibile sul sito
internet dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it).
Con la richiesta di rimborso deve essere consegnata o spedita anche la
dichiarazione sostitutiva (allegato sub 1), attestante il possesso dei requisiti per
godere dell’agevolazione relativamente al canone pagato, da redigersi secondo le
modalità di cui si è detto nel precedente paragrafo 3.
Le modalità di presentazione della richiesta di rimborso sono le stesse
precisate nel paragrafo precedente.
Non sono tenuti alla presentazione di una nuova istanza di rimborso, i
contribuenti che, prima della emanazione della presente circolare, abbiano già
presentato istanza agli uffici dell’Agenzia delle Entrate per chiedere il rimborso del
canone pagato.
Resta ferma la facoltà da parte degli uffici di richiedere eventuale
documentazione integrativa al fine di accertare il diritto al rimborso spettante al
contribuente.
Il rimborso del canone sarà effettuato mediante pagamento in contanti presso
gli uffici postali.
5. SANZIONI
Da ultimo si fa presente che l’articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 dispone che venga irrogata una sanzione amministrativa di “importo
compreso tra euro 500 e euro 2000 per ciascuna annualità evasa”. Tale sanzione si
cumula con il canone dovuto e gli interessi maturati.
In caso di dichiarazioni mendaci si applicano le sanzioni penali previste
dall’art. 76 del DPR n. 445 del 2000.
6. ASSISTENZA AI CONTRIBUENTI
Gli Uffici locali o territoriali, ove già istituiti, e i centri di assistenza
multicanale garantiscono adeguata assistenza e informazione all’utenza.
In particolare gli uffici, presso i propri sportelli, devono:
- fornire assistenza nella compilazione del modello di dichiarazione sostitutiva
(par. 3) e dell’istanza di rimborso (par. 4);
- accertare la identità del sottoscrittore, acquisendo gli estremi identificativi del
documento di riconoscimento dello stesso;
- inoltrare le domande acquisite al competente UFFICIO TORINO 1 S.A.T. –
SPORTELLO ABBONAMENTI TV – 10121 – TORINO.
Dal loro canto, i centri di assistenza multicanale forniranno assistenza
telefonica per instradare i contribuenti alle corrette modalità di predisposizione ed
invio dei citati documenti.
Le Direzioni Regionali e provinciali vigileranno affinché gli uffici si
attengano alle istruzioni fornite e svolgano un adeguato servizio di informazione e
assistenza.

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domenica 10 maggio 2009

Esigibilità dell’IVA al momento dell’effettiva riscossione del corrispettivo - Articolo 7, decreto legge 29 novembre 2008, n. 185

CIRCOLARE N. 20/E
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Roma, 30 aprile 2009
OGGETTO: Esigibilità dell’IVA al momento dell’effettiva riscossione del corrispettivo - Articolo 7, decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.


INDICE
1 PREMESSA
2 AMBITO DI APPLICAZIONE
2.1. Profili soggettivi
2.1.1. Imprenditore individuale ed esercente arti e professioni
2.1.2. Ente non commerciale
2.2. Limite temporale al differimento dell’esigibilità
3 CASI DI ESCLUSIONE
4 ASPETTI PROCEDURALI
4.1 Adempimenti del cedente o prestatore
4.2 Adempimenti del cessionario o committente
5 EFFETTI SU ALTRE FATTISPECIE AD ESIGIBILITÀ DIFFERITA
6 ENTRATA IN VIGORE

1 Premessa
L’articolo 7 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha esteso la possibilità di effettuare cessioni di beni e prestazioni di servizi per le quali l’imposta sul valore aggiunto diventa esigibile al momento dell’e ffettiva riscossione del corrispettivo anche alle operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione. Il differimento dell’esigibilità dell’IVA era, infatti, già previsto dall’articolo 6, quinto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ma limitatamente alle operazioni effettuate nei confronti di alcune specifiche tipologie di soggetti, aventi in genere natura pubblica, tra i quali lo Stato, gli enti pubblici territoriali, le unità sanitarie locali, le camere di commercio, etc.. Il differimento della esigibilità introdotto dalla novella in commento è limitato nel tempo: l’imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di tale termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali o esecutive.
Come evidenziato dalla relazione illustrativa di accompagnamento del decreto legge n. 185, “il differimento dell’esigibilità dell’IVA comporta che il debito d’imposta verso l’erario a carico del cedente o prestatore (e, correlativamente, il diritto alla detrazione spettante al relativo cessionario o committente) sorge, in ogni caso, al momento del pagamento dei corrispettivi. Si intende, in tal modo, ovviare agli effetti particolarmente gravosi, che comporterebbero l’anticipazione del versamento dell’IVA da parte del cedente o prestatore, nell’ipotesi in cui il pagamento dei corrispettivi avvenga in un momento successivo a quello dell’effettuazione delle operazioni”. L’efficacia della disciplina in esame è stata subordinata alla preventiva autorizzazione comunitaria prevista dalla Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006. Tuttavia, a tale riguardo, la Commissione europea ha evidenziato che l’articolo 66 della predetta direttiva già consente agli Stati membri di stabilire, per talune categorie di soggetti o di operazioni, che l’imposta diventi esigibile non oltre il momento dell’incasso del prezzo e che, pertanto, la predetta autorizzazione non è necessaria.
Infine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 marzo 2009 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2009, n. 96, previsto dall’articolo 7 del decreto legge n. 185 del 2008, sono state approvate le disposizioni attuative richieste dalla norma primaria, individuando altresì la soglia del volume d’affari entro la quale i contribuenti possono avvalersi della facoltà di applicare il regime dell’esigibilità differita dell’imposta sul valore aggiunto.
2 Ambito di applicazione
2.1. Profili soggettivi
La facoltà di differire l’esigibilità dell’IVA è concessa a coloro che, operando nell’esercizio di impresa, arti o professioni – a norma degli articoli 4 e 5 del D.P.R. n. 633 del 1972 – effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti che, a loro volta, agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni.
Possono essere emesse fatture con IVA ad esigibilità differita anche per operazioni effettuate a favore di soggetti passivi non residenti, se rilevanti territorialmente in Italia; in tali ipotesi, infatti, il soggetto passivo nazionale fattura l’operazione con indicazione in fattura dell’IVA e può, quindi, optare per il suo differimento in quanto debitore dell’imposta. Sono, invece, escluse le operazioni effettuate nei confronti di privati consumatori, sia se residenti in Italia sia se residenti all’estero. Come anticipato, il decreto attuativo ha stabilito il limite del volume di affari dei soggetti che possono beneficiare del differimento dell’esigibilità dell’imposta: sono ammessi ad emettere fatture con IVA differita solo i soggetti che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare, nell’anno in corso, un volume d’affari non superiore a duecentomila euro.
Il sistema dell’IVA per cassa è opzionale, in quanto il soggetto passivo (con volume d’affari non superiore a duecentomila euro) può scegliere con riguardo a ciascuna operazione se assoggettarla ad esigibilità immediata o differita, con la conseguenza che potrà trovarsi a gestire il regime di esigibilità differita dell’IVA solo con riguardo ad una parte delle operazioni effettuate.
In ogni caso, la facoltà di emettere fatture con imposta ad esigibilità differita non può essere più esercitata quando viene superata, nel corso dell’anno solare, la soglia di euro duecentomila di volume d’affari.
In altri termini, le operazioni effettuate successivamente al superamento della soglia non possono fruire del regime dell’esigibilità differita; per le operazioni effettuate precedentemente al superamento – per le quali sia stata esercitata l’opzione di differimento – l’esigibilità dell’imposta rimane, invece, vincolata al pagamento del corrispettivo da parte del cessionario/committente o,
comunque, al decorso del termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione.
Nell’ipotesi di erroneo differimento dell’esigibilità dell’imposta relativamente ad operazioni effettuate dopo il superamento della soglia, occorre computare l’imposta erroneamente differita nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale l’operazione si considera effettuata; in mancanza, si configura una ipotesi di omesso versamento.
2.1.1. Imprenditore individuale ed esercente arti e professioni
Come evidenziato in precedenza, il regime dell’IVA per cassa non si applica nel caso in cui la cessione di beni o la prestazione di servizi sia effettuata nei confronti di privati consumatori.
Considerato che le persone fisiche titolari di un’impresa individuale o esercenti arti o professioni possono effettuare acquisti sia in veste di soggetto passivo sia di privato consumatore, solo gli acquisti effettuati dagli stessi soggetti nell’esercizio di impresa, arte o professione consentono al cedente o prestatore di esercitare l’opzione per il differimento dell’esigibilità dell’imposta.
2.1.2. Ente non commerciale
E’ noto che gli enti non commerciali possono svolgere anche attività commerciali, purché le stesse non siano prevalenti rispetto a quella “istituzionale”.
Ne consegue che anche tali enti, qualora operino nell’esercizio di impresa ed effettuino cessioni di beni o prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti che, a loro volta, agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, possono avvalersi dell’esigibilità differita dell’IVA, nel rispetto di tutte le condizioni previste dalla disciplina in esame.
Allo stesso modo, il disposto dell’articolo 7, comma 1, del decreto legge n. 185 consente di poter differire l’esigibilità dell’IVA al momento del pagamento del corrispettivo anche in relazione ad operazioni che vedono come cessionario del bene o committente del servizio un ente non commerciale che agisca nell’esercizio di impresa (vedi circolare n. 8 del 13 marzo 2009, paragrafo 6.8).
Ciò anche nell’eventualità che i beni o servizi acquistati siano parzialmente destinati dall’ente anche all’attività istituzionale. Si rammenta, infine, che per le operazioni da chiunque effettuate nei confronti degli enti non commerciali indicati nell’articolo 6, comma quinto, del D.P.R. n. 633 del 1972 resta ferma la disposizione secondo cui l’IVA diventa esigibile al momento dell’incasso senza limiti temporali (vedi paragrafo 5).
2.2. Limite temporale al differimento dell’esigibilità
Come espressamente previsto dall’articolo 7 del decreto legge n. 185 e dall’articolo 1 del decreto attuativo, con riguardo alla singola operazione per la quale sia stata esercitata l’opzione, “l’imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione”. Il predetto termine di un anno, trascorso il quale l’imposta diviene esigibile anche se il corrispettivo non è stato pagato, decorre dal “momento di effettuazione dell’operazione” da determinare secondo le regole generali previste dall’articolo 6 del D.P.R. n. 633 del 1972. Ai sensi del citato articolo 6 le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano i beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili. Quindi è da tale momento che decorre l’anno di differimento dell’esigibilità dell’IVA. Se prima del verificarsi dei predetti eventi viene emessa fattura, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data della fattura; da tale data decorre l’anno di differimento dell’esigibilità.
Nel caso di fattura emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di consegna o spedizione con riguardo alle cessioni effettuate nel corso del mese solare precedente, la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto (c.d fattura differita), si ritiene che il termine di un anno decorra comunque dalla data di effettuazione delle singole operazioni riepilogate nella fattura differita. Il limite annuale in esame non si applica con riguardo alle operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che, prima del decorso di un anno, siano stati assoggettati a procedure concorsuali o esecutive.
A tal fine è necessario che la procedura sia stata avviata prima del decorso di un anno.
In particolare, le procedure concorsuali si considerano avviate nel momento in cui l’organo competente emette il provvedimento di apertura della procedura (ad esempio, per il fallimento, la data della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal tribunale), mentre l’esecuzione forzata in forma generica inizia con l’atto di pignoramento, ai sensi dell’articolo 491 del codice di
procedura civile (come già chiarito con risoluzione n. 195 del 16 maggio 2008). Se il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), si ritiene che l’esigibilità dell’imposta sia sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con IVA ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all’ammontare di quest’ultimo.
In caso di revoca della procedura concorsuale, intervenuta dopo un anno dalla effettuazione dell’operazione oggetto di differimento, l’IVA diviene esigibile e deve essere computata nella prima liquidazione successiva alla data di revoca. Nel caso di procedure esecutive l’esigibilità dell’IVA rimane sospesa, anche dopo il decorso di un anno, limitatamente alle operazioni per le quali sia stata avviata l’esecuzione forzata, così come risultano dalle fatture indicate nel titolo esecutivo. La sospensione del termine annuale opera a beneficio non solo del creditore procedente, ma anche del terzo creditore che sia successivamente intervenuto nella procedura esecutiva ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, limitatamente alle fatture risultanti dal titolo. Qualora in pendenza del predetto termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione venga emessa nota di variazione in aumento ai sensi del primo comma dell’articolo 26 citato, si ritiene che anche per il nuovo ammontare dell’imponibile o dell’imposta l’anno si calcola a decorrere dalla effettuazione della originaria operazione. Le variazioni in diminuzione previste dal secondo comma dell’articolo 26, in quanto effettuabili senza limiti di tempo, non sono influenzate dalla disposizione in commento, mentre le variazioni in diminuzione
di cui al terzo comma del medesimo articolo devono comunque essere effettuate entro il termine di un anno dall’effettuazione dell’originaria operazione.
3 Casi di esclusione
Come espressamente previsto dall’articolo 7 del decreto legge n. 185, il differimento dell’esigibilità dell’imposta non è consentito per le operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell’imposta, le cui disposizioni siano evidentemente incompatibili con il predetto differimento. In particolare, la facoltà del differimento non può essere esercitata in relazione alle operazioni soggette ai seguenti regimi speciali: - regime “monofase” (articolo 74, primo comma, del D.P.R. 633 del 1972); - regime del margine per beni usati (articolo 36 del decreto legge n. 41 del 1995); - regime delle agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter, del D.P.R. n. 633 del 1972). La possibilità di applicare l’IVA differita è altresì esclusa per le operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che assolvono l’imposta con il meccanismo dell’inversione contabile. Al riguardo, si ricorda che l’inversione contabile o reverse charge si caratterizza per il fatto che il debitore dell’imposta è individuato nel soggetto cessionario o committente che acquista il bene o il servizio nell’esercizio di impresa, arte o professione, il quale, di conseguenza, ha l’obbligo di emettere autofattura ovvero di integrare la fattura ricevuta senza addebito dell’imposta. Il reverse charge si pone quindi come regime derogatorio rispetto alla disciplina generale dell’IVA, che individua in via ordinaria il debitore dell’imposta nel soggetto che effettua l’operazione attiva, il quale deve applicare l’imposta nella fattura emessa ed addebitarla a titolo di rivalsa obbligatoria. In relazione alle operazioni soggette al reverse charge il cedente o prestatore, quindi, non può oggettivamente applicare il differimento dell’esigibilità dell’imposta, in quanto il soggetto tenuto al versamento dell’imposta a debito è colui che ha ricevuto il bene o il servizio.
Per lo stesso motivo, non è possibile optare per il differimento dell’esigibilità dell’imposta con riferimento alle cessioni intracomunitarie o alle operazioni di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633 del 1972 (cessioni all’esportazione, operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione e servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali), per le quali il cedente o prestatore nazionale non indica l’IVA in fattura e non è debitore della relativa imposta.
Occorre, infine, precisare che l’esclusione della possibilità di applicare il regime dell’IVA differita riguarda esclusivamente le singole operazioni soggette ad un regime speciale o al meccanismo del reverse charge.
Può, dunque, verificarsi che, al ricorrere degli altri presupposti, un medesimo cedente/prestatore possa:
- emettere fattura con applicazione dell’IVA differita nei confronti di un determinato cessionario/committente, qualora l’operazione non sia soggetta ad un regime speciale o non si applichi il reverse charge;
- emettere fattura senza applicazione dell’IVA differita nei confronti del medesimo cessionario/committente, se l’operazione ricade in un regime speciale o si applica il reverse charge;
Allo stesso modo, un medesimo cessionario/committente può:
- ricevere fattura con applicazione dell’IVA differita perchè relativa ad una operazione non soggetta ad un regime speciale o al reverse charge;
- ricevere una fattura senza applicazione dell’IVA differita perché relativa ad una operazione soggetta ad un regime speciale o al reverse charge.
4 Aspetti procedurali
4.1 Adempimenti del cedente o prestatore

Il cedente o prestatore manifesta la volontà di differire l’esigibilità dell’imposta mediante apposita annotazione in fattura per evidenziare che si tratta di una operazione con imposta ad esigibilità differita ai sensi dell’articolo 7 del decreto legge n. 185 del 2008. In mancanza di tale annotazione, l’imposta si considera esigibile secondo le regole ordinarie, di cui all’articolo 6 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Il regime dell’IVA per cassa incide sul momento in cui l’imposta diviene esigibile e, di riflesso, detraibile, ma non riguarda gli altri adempimenti procedurali. Resta fermo, pertanto, l’obbligo di emettere fattura secondo le modalità e nei termini disciplinati dall’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 1972 e di procedere alla registrazione della medesima, avendo presente che l’imponibile indicato nelle fatture emesse, ancorché l’IVA non sia immediatamente esigibile, rileva anche ai fini della determinazione del volume di affari. Le medesime operazioni, quindi, concorrono a formare il volume d’affari del cedente o prestatore e partecipano alla determinazione della percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento all’anno in cui l’operazione si intende effettuata. Il cedente o prestatore deve computare l’imposta, relativa alle operazioni per le quali ha esercitato l’opzione, nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo ovvero nel corso del quale scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, salvo il caso in cui, come già chiarito, il cessionario o committente sia stato precedentemente assoggettato a procedure concorsuali o esecutive. Ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del decreto attuativo, nel caso in cui il corrispettivo sia incassato solo in parte, l’imposta diventa esigibile ed è computata nella liquidazione periodica per un importo corrispondente al rapporto tra la somma incassata ed il corrispettivo complessivo dell’operazione. Resto inteso che per individuare il momento del pagamento non effettuato per contanti, al verificarsi del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente o prestatore farà riferimento alle risultanze dei propri conti dai quali risulta l’accreditamento del corrispettivo (es. assegni bancari, RI.BA, RID, bonifico bancario).
4.2 Adempimenti del cessionario o committente
Il cessionario o committente che riceve la fattura ad esigibilità differita deve numerarla e, ai fini della detrazione, annotarla nell’apposito registro ai sensi dell’articolo 25 del D.P.R. n. 633 del 1972. Tuttavia, come espressamente previsto dall’articolo 3 del decreto attuativo, il diritto ad operare la detrazione dell’imposta, se e nei limiti in cui spetti, sorge solo a partire dal momento in cui il corrispettivo dell’operazione viene pagato. Tale previsione esplicita la regola generale di cui all’articolo 19 del D.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi del quale “il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati … sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile …”. Poiché l’esigibilità dell’imposta per il cedente o prestatore è differita al momento del pagamento del corrispettivo, anche la detrazione per il cessionario o committente, se e nei limiti in cui spetti, è differita sino a tale momento.
A tale proposito, sarà cura del soggetto che intende effettuare la detrazione dare evidenza della data del pagamento. Il cessionario o committente non residente, interessato al rimborso dell’IVA indicata nella fattura ad esigibilità differita, ai sensi dell’articolo 38-ter del DPR n. 633 del 1972, è tenuto a dimostrare, tra l’altro, l’avvenuto pagamento del corrispettivo, ovvero il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione, che costituiscono il presupposto per l’effettuazione della detrazione e, quindi, per la richiesta di rimborso.
Nel caso in cui sia effettuato un pagamento parziale del corrispettivo, il diritto alla detrazione dell’imposta sorge in capo al cessionario o committente nella proporzione esistente fra la somma pagata ed il corrispettivo complessivo dell’operazione.
In virtù del combinato disposto dell’articolo 7, secondo periodo, del decreto legge n. 185 del 2008 – in base al quale l’imposta diviene comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione – e dell’articolo 19, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972 – secondo cui il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile - è da ritenere che il diritto alla detrazione potrà essere comunque esercitato, qualora entro l’anno dalla emissione della fattura non sia stato effettuato il pagamento. Sebbene, infatti, in relazione al cessionario o committente, il decreto attuativo non preveda, a differenza di quanto stabilito per il cedente o prestatore, che, decorso un anno senza il pagamento del corrispettivo, l’imposta viene comunque computata nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale scade il termine annuale, si ritiene, in base ai principi generali ricavabili dalle norme sopra richiamate, che decorso il predetto termine, ancorché non sia stato pagato il corrispettivo, sorge comunque il diritto alla detrazione.
Va da sé che se entro il termine predetto il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedura concorsuale o esecutiva, il diritto alla detrazione non sorge in quanto permane il differimento dell’esigibilità (vedi paragrafo 2.2).
5 Effetti su altre fattispecie ad esigibilità differita
Le disposizioni in tema di IVA differita di cui all’articolo 7 del decreto legge n. 185 del 2008 non interferiscono con la disciplina dettata per altre fattispecie ad esigibilità differita.
In particolare, esse non si applicano alle operazioni per le quali l’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972 dispone in via ordinaria – e senza limite annuale - il differimento dell’esigibilità al momento del pagamento del corrispettivo, vale a dire alle cessioni dei prodotti farmaceutici indicati nel numero 114) della terza parte dell’allegata tabella A effettuate dai farmacisti, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti, di cui al quarto comma dell’articolo 4, nonché alle cessioni o prestazioni fatte allo Stato, agli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali e ai consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a quelli di previdenza.
Per le operazioni previste dall’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972 l’esigibilità differita rappresenta il regime ordinario e trova applicazione senza che occorra alcuna annotazione in fattura; al contrario qualora il cedente o prestatore intenda applicare il regime dell’esigibilità immediata è necessario esercitare espressa opzione, apponendo sulla fattura l’annotazione “Iva ad esigibilità immediata” così come chiarito con circolare del 24 dicembre 1997, n. 328, paragrafo 2.2.3.
6 Entrata in vigore
L’opzione per l’IVA di cassa di cui all’articolo 7 del decreto legge n. 185 del 2008 può essere esercitata, al ricorrere di tutte le condizioni in precedenza esaminate, con riguardo alle operazioni effettuate a partire dal 28 aprile 2009, ossia dal giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 marzo 2009.
Per individuare le operazioni che si considerano effettuate dalla predetta data si applicano i criteri previsti dall’articolo 6 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli Uffici.

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lunedì 23 marzo 2009

Casi di non punibilità ex art. 384 c.p. - Nuova ipotesi

Casi di non punibilità ex art. 384 c.p. - Nuova ipotesi
La Corte costituzionale individua l'illegittimità nella mancata previsione, nel dettato del secondo comma dell'articolo 384 c.p., dell'esclusione della punibilità nell'ipotesi in cui false o reticenti informazioni siano state assunte dalla polizia giudiziaria da chi non avrebbe potuto essere obbligato a renderle o comunque a rispondere, in quanto persona indagata di reato probatoriamente collegato, ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), del c.p.p., a quello, commesso da altri, cui le dichiarazioni stesse si riferiscono.
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mercoledì 11 marzo 2009

Redditometro

La tabella degli indici e i coefficienti presuntivi di reddito o di maggior reddito, relativi a beni e servizi indicativi della capacità contributiva delle persone fisiche, sono stati aggiornati e convertiti in euro in base al tasso ufficiale di cambio fissato dal regolamento CE del 31 dicembre 1998. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha firmato, infatti, il provvedimento che rivede la tabella allegata al Decreto del ministro delle Finanze del 10 settembre 1992, relativa al calcolo dell’imposta dovuta per i periodi d’imposta 2008 e 2009. Ogni due anni, il “redditometro” viene aggiornato in base alle variazioni percentuali dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale calcolato dall’Istat. Per il periodo che va da giugno 1992 a giugno 2008, l’Istituto nazionale di statistica ha certificato un aumento pari al 56,2%. Con il provvedimento cambiano, quindi, i valori di riferimento degli elementi considerati per il calcolo presuntivo dei redditi conseguiti nel 2008 e nel 2009, mentre restano immutati i coefficienti.

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mercoledì 4 marzo 2009

Legittime le cartelle mute - Dichiarata costituzionale la norma prevista dal decreto-legge milleproroghe del 2008

SENTENZA della Corte costituzionale N. 58 dell'ANNO 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, promossi con ordinanze del 9 giugno 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, del 26 maggio e del 9 giugno 2008 dal Giudice di pace di Genova e del 15 luglio 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca rispettivamente iscritte ai nn. 292, 339, 340 e 341 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 45, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 2009 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto in fatto

1. - La Commissione tributaria provinciale di Isernia, con ordinanza del 9 giugno del 2008 (r.o. n. 292 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, per violazione dell’articolo 97 della Costituzione, nonché dell’articolo 23 e dello stesso articolo 97 Cost. in relazione, rispettivamente, all’art. 3, comma 1, e all’art. 7, comma 2, della legge 27 luglio del 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).
La disposizione impugnata stabilisce che «la cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse».
1.1. - La Commissione tributaria rimettente riferisce che la società ricorrente nel giudizio principale ha chiesto l’annullamento di una cartella di pagamento, emessa dall’Agenzia delle entrate, deducendone la nullità, o comunque la illegittimità, per diversi motivi, fra cui l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, eccependo anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 36, comma 4-ter, del d. l. n. 248 del 2008.
1.2. - La Commissione rimettente ritiene non priva di fondamento la censura, preliminare e assorbente rispetto alle altre, relativa alla omessa indicazione del responsabile del procedimento, atteso che tale indicazione è richiesta «tassativamente» dall’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 e, secondo la Corte costituzionale, rappresenta un obbligo che si applica anche ai concessionari della riscossione e che, «lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost.» (ordinanza n. 377 del 2007). Osserva, tuttavia, il collegio rimettente che, successivamente alla citata ordinanza della Corte costituzionale, è intervenuta la disposizione legislativa censurata, la quale, se da un lato impone, a pena di nullità, l’indicazione, nella cartella di pagamento, del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e notificazione della cartella stessa, dall’altro lato limita l’ambito di applicazione di tali disposizioni ai soli ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, specificando invece che «la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse». Da ciò deriva, secondo il giudice a quo, la rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale, dal momento che «il suo eventuale accoglimento determinerebbe il conseguenziale accoglimento del ricorso» nel giudizio principale.
1.3. - In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente prospetta sia il contrasto diretto della disposizione legislativa censurata con l’art. 97, primo comma, Cost., sia, in via subordinata, il contrasto della medesima disposizione legislativa con alcune norme contenute nella legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), cui andrebbe riconosciuta la natura di fonte interposta fra la Costituzione e le leggi ordinarie. Sotto il primo profilo, la Commissione tributaria rimettente richiama la citata ordinanza n. 377 del 2007 di questa Corte, secondo cui l’indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento risponde ai precetti di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost. La Commissione rimettente esclude che il legislatore possa imporre il rispetto di tali precetti costituzionali solo a partire da una certa data e ritiene, in particolare, illegittima la disposizione legislativa censurata, in quanto nega il rispetto di tali principi «per il periodo compreso fra la data di entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 ed il 31 maggio del 2008». Sotto il secondo profilo, la Commissione rimettente muove dall’art. 1, comma 1, della legge n. 212 del 2000, secondo cui «le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali». Sulla base di tale norma, nonché di alcune pronunce della Corte di cassazione, che riconoscono fra l’altro alle disposizioni dello Statuto del contribuente il valore di «orientamento ermeneutico ed applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto», il collegio rimettente perviene alla conclusione che le norme della legge n. 212 del 2000 hanno natura di norme interposte, che quindi prevalgono su norme di legge ordinaria successive, come la disposizione impugnata. Quest’ultima si porrebbe, pertanto, in contrasto con due previsioni dello Statuto del contribuente: da un lato, in quanto norma retroattiva, essa violerebbe il principio di irretroattività delle leggi fiscali previsto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, il quale a sua volta «si interporrebbe a quello di cui all’art. 23 Cost., nel senso che […] nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta in base ad una legge retroattiva»; d’altro lato, la disposizione censurata violerebbe «il principio relativo alla indicazione del responsabile del procedimento di cui all’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000», che «si interporrebbe a quello di cui all’art. 97 Cost., nel senso […] che detta indicazione è necessaria al fine di assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».
1.4. - È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale venga dichiarata inammissibile e comunque infondata.
1.4.1. - Secondo la difesa erariale, la questione è inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, perché la censura relativa alla omessa indicazione del responsabile del procedimento è stata proposta tardivamente dal ricorrente nel giudizio principale, mediante una memoria illustrativa prodotta oltre il termine di decadenza di sessanta giorni, decorrenti dalla data di notifica della cartella di pagamento. Pertanto il rimettente – ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato – avrebbe dovuto preliminarmente verificare, dandone conto in motivazione, se la censura dedotta fuori termine potesse essere comunque proponibile «in quanto determinante, non la asserita nullità (deducibile solo nel termine di legge), ma addirittura la inesistenza dell’atto impugnato».
1.4.2. - Nel merito, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la questione è infondata.
Premette al riguardo l’interveniente che, in base alla disciplina generale dell’azione amministrativa, la mancata indicazione del responsabile del procedimento costituisce, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, «una mera irregolarità, insuscettibile di determinare l’invalidità dell’atto, alla quale è possibile supplire considerando responsabile del procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa competente». Con specifico riguardo alla materia tributaria, poi, l’Avvocatura generale dello Stato esclude che le disposizioni del cosiddetto Statuto del contribuente possano assurgere al rango di fonti interposte fra la Costituzione e la legge ordinaria. La giurisprudenza della Corte di cassazione, citata dal rimettente, chiarisce infatti che le norme tributarie devono essere interpretate nel senso più conforme ai principi dello Statuto, ma non afferma che questi ultimi siano «principi inderogabili da rispettare a pena di illegittimità costituzionale».
In secondo luogo, ad avviso della stessa Avvocatura generale dello Stato, il problema non è stato correttamente impostato dal giudice rimettente, atteso che l’art. 7 della legge n. 212 del 2000 individua una serie di elementi, fra cui l’indicazione del responsabile, che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono contenere, «ma non prevede in alcun modo la nullità quale conseguenza dell’omissione di tali elementi». Da ciò deriva, secondo la difesa erariale, che la disposizione legislativa censurata non contrasta con la regola prevista dallo Statuto del contribuente, bensì la integra e la completa, disponendo, naturalmente solo per il futuro, e cioè a far data dai ruoli consegnati a partire dal 1° giugno 2008, che la omessa indicazione del responsabile comporta la sanzione della nullità della cartella di pagamento.
2. - La Commissione tributaria provinciale di Lucca, con ordinanza del 15 luglio 2008 (r.o. n. 341 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008, per violazione degli articoli 3, 24, 97, 101, 102, 108 e 111 della Costituzione.
2.1. - La Commissione rimettente riferisce che la società ricorrente nel giudizio principale ha impugnato una cartella esattoriale, notificata dalla S.R.T. Lucca e Cremona s.p.a., deducendo tra l’altro che la cartella esattoriale doveva ritenersi nulla per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.
2.2. - In punto di rilevanza, la Commissione tributaria rimettente ritiene che la decisione del ricorso debba essere preceduta dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale della disposizione legislativa censurata. Secondo la rimettente, infatti, questa Corte, nel disporre che l’indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento, prevista dall’art. 7 dello Statuto del contribuente, risponde ai principi di imparzialità e buon andamento predicati dall’art. 97 della Costituzione (ordinanza n. 377 del 2007), avrebbe «implicitamente conferma[to] che la violazione del detto obbligo determina la nullità della cartella, o comunque incide sulla legittimità dell’atto». Osserva tuttavia il giudice a quo che la disposizione impugnata, nell’«intento di sanare le violazioni anteriori», prevede invece che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima del 1° giugno 2008 non è causa di nullità delle stesse. Da ciò deriva, secondo la Commissione tributaria, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, dal momento che «ove si applicasse la norma oggetto del dubbio di costituzionalità, il ricorso dovrebbe essere rigettato».
2.3. - In punto di non manifesta infondatezza, detta Commissione ritiene che la disposizione censurata contrasti con diversi parametri costituzionali.
In primo luogo, essa violerebbe l’art. 3 Cost., sia perché introdurrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti, in ragione della data di consegna del ruolo cui si riferisce la cartella di pagamento, sia perché irragionevolmente riconoscerebbe e sanzionerebbe un vizio di nullità per il futuro e, al contempo, lo sanerebbe per il passato. In secondo luogo, la disposizione impugnata violerebbe il diritto alla difesa e al giusto processo, di cui rispettivamente agli articoli 24 e 111 Cost. di coloro che, avendo ricevuto una cartella di pagamento priva dell’indicazione del responsabile prima del 1° giugno 2008, vedono ridursi le possibilità di difendersi efficacemente dalla pretesa tributaria. In terzo luogo, si profilerebbe un contrasto con l’art. 97 Cost., «nella misura in cui il contribuente non viene posto in condizioni di conoscere l’autore dell’atto impositivo, al fine di proporre contestazioni e porre in rilievo eventuali responsabilità, per le procedure adottate fino al giugno del 2008». Infine, incidendo su fattispecie sub judice, la disposizione censurata risulterebbe lesiva delle attribuzioni del potere giudiziario, con conseguente violazione degli articoli 101, 102 e 108 della Costituzione.
3. - Il Giudice di pace di Genova, con due ordinanze distinte ma sostanzialmente analoghe, rispettivamente del 26 maggio 2008 (r.o. n. 339 del 2008) e del 9 giugno 2008 (r.o. n. 340 del 2008), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 97 Cost., dell’articolo 36, comma 4-ter, della legge n. 31 del 2008 (recte: del decreto legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008), nella parte in cui dispone che «la mancata indicazione dei responsabili del procedimento nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse».
3.1. - Riferisce il giudice rimettente, con riferimento a ciascuno dei giudizi principali, che al ricorrente è stata notificata una cartella di pagamento priva dell’indicazione dell’identità del responsabile del procedimento.
3.2. - Il rimettente ritiene che la disposizione censurata sia in contrasto con diversi parametri costituzionali. Essa, in particolare, violerebbe: l’art. 2 Cost., che rappresenta una «clausola aperta [..] che si sostanzia con il riempimento, e non con il toglimento, dalla Carta dei diritti, di una norma di protezione in capo al cittadino»; l’art. 3 Cost., che non consente un trattamento diversificato dei cittadini «in base al mero dato temporale»; l’art. 24 Cost., dal momento che la mancata indicazione del responsabile del procedimento nella cartella di pagamento e la non riferibilità dell’atto al suo autore rende estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa; l’art. 97 Cost., sotto il profilo del principio di buona amministrazione, che risulterebbe violato per l’irragionevole disparità di trattamento «tra destinatari di cartelle di pagamento redatte e/o consegnate in tempi diversi tra loro».
3.3. - È intervenuto, in uno dei giudizi (r.o. n. 339 del 2008), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale venga dichiarata inammissibile e comunque infondata.
3.3.1. - La difesa erariale eccepisce preliminarmente l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza. Osserva infatti l’Avvocatura generale dello Stato che il giudice rimettente non fornisce alcuna indicazione concreta sull’oggetto del giudizio, non potendosi in tal modo comprendere per quale ragione la disposizione denunciata dovrebbe applicarsi al giudizio principale e, prima ancora, se il giudice adito abbia giurisdizione. Inoltre, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il rimettente non ha indicato i motivi posti a base della domanda proposta nella causa principale, non potendosi in tal modo valutare se siano state sollevate doglianze relative alla omessa indicazione del responsabile del procedimento.
3.3.2. - In secondo luogo, la stessa Avvocatura generale dello Stato eccepisce l’inammissibilità della questione perché «lo svolgimento delle censure di illegittimità costituzionale e l’indicazione dei parametri costituzionali asseritamente violati sono esternati in un testo letteralmente incomprensibile».
3.3.3. - Nel merito, secondo la difesa erariale, la questione è comunque infondata per le ragioni già esposte nell’atto di intervento relativo al giudizio di cui al r.o. n. 292 del 2008, che viene espressamente richiamato e testualmente riprodotto.

Considerato in diritto
1. - La Commissione tributaria provinciale di Isernia, la Commissione tributaria provinciale di Lucca e, con due distinte ordinanze, il Giudice di pace di Genova hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.
La norma impugnata, nel prevedere che la cartella di pagamento, di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, debba contenere, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella, stabilisce, tuttavia, che tali disposizioni si applicano ai soli ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008, mentre esclude che la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati prima di tale data, sia causa di nullità delle stesse. Tale esclusione della nullità per le cartelle prive di indicazione del responsabile relative a ruoli consegnati anteriormente al 1° giugno 2008, si pone in contrasto, secondo i rimettenti, con diversi parametri costituzionali e, in particolare, con gli artt. 2, 3, 23, 24, 97, 101, 102, 108 e 111 della Costituzione, nonché con le norme interposte di cui agli artt. 3, comma 1, e 7, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente).
2. - Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei giudizi, in quanto concernenti la stessa disposizione e relativi a parametri in parte coincidenti.
3. - La questione sollevata, con due distinte ordinanze, dal Giudice di pace di Genova, con riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, è manifestamente inammissibile in quanto il rimettente, oltre a formularla in modo estremamente confuso, non fornisce indicazioni sufficienti a consentire di valutarne la rilevanza nei giudizi principali.
4. - Sono altresì inammissibili le censure sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca con riferimento agli artt. 101, 102 e 108 Cost., perché non adeguatamente argomentate e, quindi, generiche.
5. - Va disattesa, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia, l’eccezione di inammissibilità formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale la censura relativa all’omessa indicazione del responsabile della cartella di pagamento è stata proposta tardivamente dal ricorrente nel giudizio principale e la Commissione rimettente non ha motivato sulla sua proponibilità. L’Avvocatura generale dello Stato non tiene conto, infatti, della circostanza che, come risulta anche dagli atti del giudizio principale, il ricorrente ha lamentato già con il ricorso introduttivo, e quindi tempestivamente, la mancata indicazione del nome del notificatore e, quindi, del responsabile del procedimento di notificazione.
6. - Nel merito, la questione sollevata dalle Commissioni tributarie di Isernia e Lucca, con riferimento agli articoli 3, 23, 24, 97 e 111 della Costituzione, non è fondata.
L’art. 7, comma 2, della legge n. 212 del 2000 stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, il responsabile del procedimento. Come affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 377 del 2007, la previsione è volta ad assicurare la trasparenza amministrativa, l’informazione del cittadino e il suo diritto di difesa. La legge n. 212 del 2000, peraltro, non precisa gli effetti della violazione dell’obbligo indicato: essa, in particolare, a differenza di quanto fa con riferimento ad altre disposizioni, non commina la nullità per la violazione della disposizione indicata. Né la nullità, in mancanza di un’espressa previsione normativa, può dedursi dai principi di cui all’art. 97 Cost. o da quelli del diritto tributario e dell’azione amministrativa.
Deve pertanto escludersi che, anteriormente all’emanazione della disposizione impugnata, alla mancata indicazione del responsabile del procedimento conseguisse la nullità della cartella di pagamento. Questa è stata infatti esclusa, a fronte di notevoli incertezze dei giudici di merito, dalla Corte di cassazione. La disposizione impugnata, di conseguenza, non contiene una norma retroattiva. Essa dispone per il futuro, comminando la nullità per le cartelle di pagamento prive dell’indicazione del responsabile del procedimento. Stabilisce, poi, un termine a partire dal quale opera la nullità e chiarisce che essa non si estende al periodo anteriore. Dunque, la nuova disposizione non contiene neppure una sanatoria di atti già emanati, perché la loro nullità doveva essere esclusa già in base al diritto anteriore.
Da quanto precede consegue che, con riferimento all’asserita natura retroattiva della norma, non è violato l’art. 3 Cost., perché non è manifestamente irragionevole prevedere, a partire da un certo momento, un effetto più grave, rispetto alla disciplina previgente, per la violazione di una norma. Non è violato l’art. 23 Cost., perché non viene imposta una nuova prestazione e, comunque, come più volte affermato da questa Corte, non esiste un principio di irretroattività della legge tributaria fondato sull’evocato parametro, né hanno rango costituzionale – neppure come norme interposte – le previsioni della legge n. 212 del 2000 (ordinanze n. 41 del 2008, n. 180 del 2007 e n. 428 del 2006). Non sono violati gli artt. 24 e 111 Cost., in quanto la disposizione impugnata non incide sulla posizione di chi abbia ricevuto una cartella di pagamento anteriormente al termine da essa indicato. Non è violato, infine, l’art. 97 Cost., il quale non impone la scelta di un particolare regime di invalidità per gli atti privi dell’indicazione del responsabile del procedimento.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 36, comma 4 ter, del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, sollevata, con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, dal Giudice di pace di Genova, con le due ordinanze in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione, sollevata, con riferimento agli artt. 101, 102 e 108 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, con l’ordinanza in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della stessa disposizione, sollevata, con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 97 e 111 Cost., dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia e dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA

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lunedì 2 marzo 2009

Elezioni europee: introdotto lo sbarramento al 4 per cento.

Elezioni europee: introdotto lo sbarramento al 4%
Potranno accedere alla ripartizione dei seggi del Parlamento Europeo solamente le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi.È questa la novità introdotta dalla Legge 20 febbraio 2009, n. 10 recante “Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia” (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 23 febbraio 2009, n. 44) con la quale viene modificata la Legge 24 gennaio 1979, n. 18 che disciplina l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.Il tenore dell’art. 21 della suddetta legge, a seguito delle modifiche apportate, è ora il seguente:(in evidenza le parti recentemente modificate per effetto della L. n. 10/2009)«Art. 21. L’Ufficio elettorale nazionale, ricevuti gli estratti dei verbali da tutti gli uffici elettorali circoscrizionali di cui al n. 2) del precedente articolo, facendosi assistere, ove lo creda, da uno o più esperti scelti dal presidente; 1) determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma dei voti riportati nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno e, per le circoscrizioni nelle quali sono stati costituiti, a norma dell’articolo 12, gruppi di liste, dei voti riportati dal gruppo nel quale è collegata la lista del partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno; 1-bis) individua le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi 2) procede al riparto dei seggi tra le liste di cui al numero 1-bis) in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. A tal fine divide il totale delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione dei seggi per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo così il quoziente elettorale nazionale.Nell’effettuare la divisione trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide, poi, la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per tale quoziente. Attribuisce quindi ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale; a parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale .3) procede alla distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi così assegnati alle varie liste. A tal fine divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il numero dei seggi attribuiti alla lista stessa con le modalità di cui al precedente n. 2) , ottenendo così il quoziente elettorale di lista. Nell’effettuare la divisione trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente. Attribuisce, poi, alla lista, sia essa singola sia formata da liste collegate a norma dell’articolo 12, nelle varie circoscrizioni, tanti seggi quante volte il rispettivo quoziente elettorale di lista risulti contenuto nella cifra elettorale circoscrizionale della lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati, rispettivamente, nelle circoscrizioni per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle circoscrizioni nelle quali si è ottenuta la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parità di cifra elettorale circoscrizionale, si procede a sorteggio. Si considerano resti anche le cifre elettorali che non hanno raggiunto il quoziente elettorale di lista. Se alla lista in una circoscrizione spettano più seggi di quanti sono i suoi componenti, restano eletti tutti i candidati della lista e si procede ad un nuovo riparto dei seggi nei riguardi di tutte le altre circoscrizioni sulla base di un secondo quoziente ottenuto dividendo il totale dei voti validi attribuiti alla lista nelle circoscrizioni stesse, per il numero dei seggi che sono rimasti da assegnare. Si effettua, poi, l’attribuzione dei seggi tra le varie liste, con le modalità sopra previste. L’ufficio elettorale nazionale provvede a comunicare ai singoli uffici elettorali circoscrizionali il numero dei seggi assegnati a ciascuna lista. Di tutte le operazioni dell’Ufficio elettorale nazionale viene redatto, in duplice esemplare, apposito verbale: un esemplare è rimesso alla segreteria del Parlamento europeo, la quale ne rilascia ricevuta; l’altro esemplare è depositato nella cancelleria della Corte di cassazione».

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Nuovo regolamento sulla banca dati sinistri r.c. auto

Nuovo regolamento sulla banca dati sinistri r.c. auto

Passo avanti nel contrasto alle frodi assicurative. L’ISVAP ha messo in pubblica consultazione sul sito www.isvap.it un Regolamento che introduce rilevanti miglioramenti nell’utilizzo e nella funzionalità della banca dati sinistri r.c. auto operante presso l’Autorità.Il Regolamento attua le disposizioni del Codice delle Assicurazioni Private e del Codice per la protezione dei dati personali che attribuiscono all’ISVAP il potere di disciplinare gli aspetti rilevanti della materia (modalità di trasmissione dei dati da parte delle imprese, procedure di organizzazione e di funzionamento della banca dati, condizioni di consultazione da parte degli organi giudiziari e delle pubbliche amministrazioni competenti in materia di prevenzione e contrasto alle frodi nel settore, condizioni e limiti di accesso da parte delle imprese di assicurazione).In sintesi, il Regolamento mira a rendere più snella ed efficiente la consultazione della banca dati, con un significativo ampliamento della “visibilità” delle informazioni relative ai sinistri registrati a vantaggio di una più vasta platea di soggetti e, in particolare, degli addetti alle strutture liquidative delle imprese di assicurazione.In particolare il Regolamento: 1) riduce le informazioni oggetto dell’obbligo di trasmissione; 2) riorganizza le modalità di trasmissione dei dati da parte della sola impresa che gestisce il sinistro, garantendo un tempestivo aggiornamento secondo criteri di economicità; 3) ristruttura l’output fornito in relazione alle nuove modalità di consultazione on line (ossia con immediata visualizzazione stampa delle informazioni) e batch (in differita con trasferimento di file), per favorire l’utilizzo sistematico della banca dati sinistri quale efficace e ordinario strumento di lotta alle frodi nel settore della assicurazione obbligatoria r.c.auto.

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domenica 1 marzo 2009

La riforma della professione di avvocato

È pronta la riforma della professione di avvocato.
Il Consiglio nazionale forense ha approvato il testo che modifica, dopo 70 anni, l’ordinamento professionale degli avvocati con l’obiettivo di garantirne qualificazione e professionalità, un serrato controllo disciplinare e una loro responsabilità sociale.
Gli obiettivi della riforma Consentire l’accesso e la permanenza nella professione ai più meritevoli e a chi esercita effettivamente; puntare a una maggiore qualificazione e preparazione dei professionisti, introducendo limiti all’accesso, potenziando la formazione iniziale dei professionisti e imponendo l’obbligo di formazione permanente; garantire la trasparenza verso i cittadini con l’obbligo dell’assicurazione per responsabilità civile, la istituzione di sportelli di informazione presso gli Ordini locali, aprendo alla possibilità per gli avvocati di farsi pubblicità nei limiti della dignità e decoro; garantire un maggiore controllo sulla correttezza, mantenendo la giurisdizione domestica ma garantendo la terzietà del giudice. Di seguito le principali novità contenute nel testo proposto dal Cnf in dettaglio.
Società tra avvocati
Sono ammesse, anche di natura multidisciplinare. Vietate quelle di capitali. Saranno iscritte in un elenco speciale aggiunto all’albo forense.
Specializzazioni
Per la prima volta sono riconosciute le specializzazioni. L’avvocato potrà fregiarsi del titolo di specialista (per esempio in diritto di famiglia, societario, tributario, penale etc.) dopo aver seguito scuole e corsi di alta formazione di durata non inferiore a due anni e per un totale di almeno 400 ore di formazione complessive, al termine dei quali sosterrà un esame presso il Cnf, che rilascerà il titolo.
Pubblicità.
E’ consentito all’avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniere veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa.
Formazione permanente.
L’avvocato ha l’obbligo di curare il costante e continuo aggiornamento per assicurare la qualità delle prestazioni professionali nell’interesse degli utenti.
Assicurazione.
Il testo di riforma prevede anche l’obbligo per il legale, pena l’illecito disciplinare, di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile, volta a coprire anche i valori ricevuti in deposito.
Tariffe
Il compenso è sempre pattuito tra avvocato e cliente e l’avvocato è tenuto a render nota la complessità dell’incarico fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento. In mancanza di accordo si applicano le tariffe professionali vincolanti nel minimo e nel massimo. Al proposito il Cnf sta lavorando a una ipotesi di semplificazione del tariffario, da sottoporre all’approvazione del ministero.
Fuori dagli albi chi non esercita effettivamente
La riforma impone nuove regole per la iscrizione all’albo e la permanenza nell’albo: aver superato l’esame di abilitazione non oltre i cinque anni precedenti la domanda di iscrizione e dare prova di esercizio effettivo e continuato della professione. Il testo di riforma predisposto dal Cnf regola anche la permanenza nel registro dei praticanti: cinquant’anni di età e non oltre sei anni dal rilascio del certificato di compiuta pratica. Diventa anche più difficile l’iscrizione nell’albo dei cassazionisti, subordinato non solo all’anzianità di esercizio della professione ma anche alla frequenza della Scuola superiore dell’avvocatura con verifica di idoneità.
Sportello per il cittadino
Ciascun consiglio dell’ordine istituisce uno sportello volto a fornire informazioni e orientamento ai cittadini per le fruizioni di una prestazione professionale di avvocato e per l’accesso alla giustizia.
Accesso alla professione
Si renderà più uniforme la valutazione dei candidati, che saranno seguiti in un percorso formativo realizzato in stretta collaborazione con le Università. E’ previsto un test informatico di ingresso per la iscrizione al registro dei praticanti. Il tirocinio dura due anni e si compone di pratica e contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive di formazione nel biennio. Decorso il primo anno di pratica, al praticante è dovuto un adeguato compenso. Il certificato di compiuta pratica consente di partecipare alla prova di preselezione informatica per le tre sessioni immediatamente successive. L’esame di stato si sostiene nella sede di Corte d’appello nel cui distretto il praticante ha svolto il maggior periodo di tirocinio. L’esame si articola in una prova scritta e in una prova orale.
Procedimento disciplinare
Cambiano le regole per i “processi” agli avvocati per rendere il giudice domestico più terzo e imparziale. L’attività istruttoria viene demandata a un collegio istruttore di disciplina istituito a livello distrettuale, composto da avvocati eletti fra gli iscritti all’albo da ciascun consiglio dell’ordine circondariale. Il giudizio si svolge presso un collegio giudicante formato da sette componenti effettivi di cui quattro avvocati provenienti dagli Ordini del distretto e tre dal Consiglio dell’ordine al quale appartiene “l’incolpato”. In caso di proscioglimento dagli addebiti, l’autore dell’esposto (cittadini e/o avvocato) può presentare al procuratore della Repubblica una richiesta motivata di impugnazione. Il Cnf vigila sull’attività disciplinare svolta dai Consigli dell’Ordine locali al fine di assicurare un uniforme regime sanzionatorio di tutti gli iscritti agli Albi.

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Istruzioni per l’applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni

È stata pubblicata oggi nel Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale la circolare n. 617/CSLLPP del 2 febbraio 2009 contenente le “istruzioni per l’applicazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”. Lo rende noto un comunicato dell’Ufficio stampa del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.In tal modo si completa l’innovativo percorso normativo previsto dal DM 14 gennaio 2008, sulle “nuove norme tecniche per le costruzioni” che rappresentano la più avanzata espressione normativa a tutela della pubblica incolumità nel settore delle costruzioni. Con la pubblicazione della circolare si è data una esaustiva risposta alle esigenze più volte manifestate dagli operatori di disporre di uno strumento utile per la corretta applicazione della nuova normativa tecnica.

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Piano straordinario di verifica delle invalidità civili (Art. 80 legge 133/2008)

L’articolo 80 della legge n.133 del 6 agosto 2008 di conversione, con modificazioni, del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, prevede l’attuazione, dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, da parte dell’Istituto, di un piano straordinario di 200.000 accertamenti di verifica (sanitaria e reddituale) nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile, cecità civile e sordità civile. Il comma 7 del citato art.80 stabilisce che i termini e le modalità di attuazione del suddetto piano straordinario siano determinati con Decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.Detto Decreto, sottoscritto dai Ministri competenti in data 29 gennaio 2009, è stato registrato alla Corte dei Conti il 18 febbraio 2009. Nelle more della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, si forniscono le istruzioni operative per l’avvio delle attività di verifica previste dalla norma di legge e dal Decreto attuativo (di cui al testo allegato).Nel tenere conto del dettato normativo e nell’ambito della doverosa attuazione dello stesso, l’Istituto ha posto in campo un pacchetto di iniziative muovendosi in una logica, da un lato, di regole e, dall’altro, di doverosa attenzione nei confronti di una categoria di percettori di prestazioni assistenziali per definizione “deboli” e meritevole della massima attenzione e sensibilità.Fra tali iniziative, l’Istituto ha, in via prioritaria, elaborato un primo campionamento di 400.000 beneficiari di prestazioni di invalidità civile sulla base di quanto stabilito dalla legge e dall’art.3 del Decreto Interministeriale attuativo che determina i criteri selettivi per la programmazione delle attività di verifica.Le posizioni sono state inserite nel data base delle verifiche straordinarie (procedura INVER2009), con la quale sarà possibile gestire tutte le attività connesse alle verifiche straordinarie.Tale campione di verifiche riguarda soggetti di età compresa tra i 18 ed i 78 anni, tratti dal casellario delle pensioni INPS al 4 novembre 2008, escludendo, in questa fase, i minori. Sono stati inoltre esclusi i soggetti titolari di prestazioni sospese, gli invalidi inviati o da inviare a visita sanitaria di revisione rispettivamente dopo l’1.7.2007 o entro il 30.6.2010 ed i residenti nelle Province autonome di Trento, Bolzano e Aosta, in base all’espressa previsione dell’art.6, secondo comma, del Decreto.Il campionamento è basato sull’incidenza territoriale dei beneficiari di prestazioni rispetto alla popolazione residente nelle varie province italiane e sulla dinamica territoriale delle nuove liquidazioni di trattamenti decorrenti dagli anni più recenti.Il numero di posizioni interessate dal Piano, pari a 400.000, è superiore a quello indicato nella legge e trova ragione nella necessità di tenere conto di tutti gli scarti da effettuare in ordine a quelle situazioni che non potranno essere oggetto di verifica. Ci si riferisce, in particolare, a coloro che risultino affetti dalle patologie di cui al DM 2.8.2007, relativo a tipologie di malattia a carattere ingravescente, che come è noto, non sono sottoponibili a visite di revisione. Al campione, elaborato secondo le direttive fissate dal “decreto” (400.000 posizioni), sono stati aggiunti - per utilizzare anche questo indice di valutazione per l’individuazione dei soggetti da sottoporre a verifiche - due sottoinsiemi costituiti da titolari di prestazioni per invalidità civile in attività lavorativa e, quindi, con contributi versati per lavoro dipendente e/o autonomo (n. 112.000 di cui 22.000 già presenti nel campione) e titolari di prestazioni per invalidità civile che riscuotono direttamente la prestazione ( n. 277.000 di cui 50.000 già presenti nel campione).I controlli di cui all’art.80 della legge n.133/2008 sono finalizzati a verificare, per 200.000 soggetti, la permanenza dello stato invalidante nonché dei requisiti reddituali previsti dalla legge per poter fruire delle provvidenze economiche di cui sono percettori. Pertanto, dalle intersezioni effettuate, i soggetti, nell’ambito del campione dei 400.000, verranno convocati a visita con il seguente ordine di priorità:1. n. 22.186 che risultano svolgere attività lavorativa (di cui 3.152 che riscuotono direttamente la prestazione);2. n. 51.919 che riscuotono direttamente la prestazione di invalidità civile;3. restanti n. 325.895.Al fine di svolgere l’attività delle verifiche, l’Istituto inviterà a visita i titolari di prestazioni di invalidità civile individuati secondo i criteri stabiliti nel Decreto.A tali titolari di prestazioni sarà inviata lettera raccomandata con avviso di ricevimento, da recapitarsi con almeno trenta giorni di anticipo, contenente le modalità con cui si procederà all’accertamento di verifica, con espresso riferimento alle conseguenze derivanti dalla mancata presentazione alla visita medica. L’Istituto, secondo quanto disposto dal Decreto Interministeriale, per effettuare l’attività di verifica, richiederà alle Aziende Sanitarie Locali, dalla data della pubblicazione dello stesso Decreto nella Gazzetta Ufficiale, la documentazione sanitaria relativa ai soggetti selezionati.Tali richieste dovranno essere inoltrate con cadenza periodica secondo criteri di gradualità. Nel Decreto è altresì previsto che le Aziende Sanitarie Locali trasmettano alla Commissione Medica Superiore decentrata presso il Centro Medico Legale provinciale INPS territorialmente competente, la documentazione in loro possesso entro trenta giorni dalla data di richiesta.Per consentire l’effettuazione delle verifiche secondo principi di economicità ed efficienza, l’INPS promuove la definizione di appositi accordi operativi tra le proprie Direzioni regionali e le Regioni, accordi da concludersi entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto. In ordine all’urgenza di avviare tali accordi operativi per standardizzare modalità di trasmissione e consultazione della documentazione in possesso delle Aziende Sanitarie Locali, si richiamano le disposizioni fornite con i messaggi n. 667 del 12 gennaio 2009, n.1177 del 16 gennaio 2009 (allegati) e successive comunicazioni. In particolare, gli accordi dovranno essere finalizzati a mettere in condizione i medici, che effettueranno le visite, di disporre preventivamente della necessaria documentazione sanitaria evitando di doverne fare richiesta agli interessati.In assenza di tali accordi ovvero nelle more della loro definizione, troverà comunque applicazione la procedura sopra descritta in merito ai tempi di richiesta ed invio dei fascicoli sanitari alle ASL.Con riferimento alla visita medica di verifica, si fa presente che il Decreto attuativo dell’art. 80 della legge n. 133/2008 stabilisce che ulteriori accertamenti specialistici potranno essere eccezionalmente richiesti solo se ritenuti indispensabili ai fini del giudizio finale e saranno effettuati presso le strutture specialistiche interne dell’INPS ovvero presso strutture esterne già convenzionate, con le modalità vigenti.Soggetti esclusi dal piano delle verifiche straordinarieI controlli non riguardano le prestazioni assistenziali sostitutive riconosciute agli invalidi civili e ai sordi civili ultrasessantacinquenni, rispettivamente ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118 e dell’articolo 10 della legge 26 maggio 1970, n. 381. Sono inoltre esonerati da ogni visita medica, a condizione che la documentazione agli atti, valutata dalla Commissione medica decentrata, confermi l’esclusione dalla visita, i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti di cui al decreto interministeriale 2 agosto 2007, inclusi quelli affetti da sindrome da talidomide, che abbiano ottenuto il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione.Rimangono esclusi dall’applicazione del Decreto attuativo dell’art.80 legge 133/2008, la Regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano che provvedono alle verifiche secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e dalla relative norme di attuazione.

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Servizi non richiesti e mancata portabilità: sanzioni agli operatori telefonici

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell’ambito della sua attività a tutela dei consumatori, ha concluso negli ultimi mesi una serie di procedimenti diretti a verificare la corretta osservanza - da parte di alcuni operatori telefonici - delle norme in tema di portabilità del numero, servizi non richiesti, indici di qualità, applicando sanzioni per complessivi 2.804.000 euro.In particolare le sanzioni sono così ripartite: 1.680.000 euro a Vodafone per violazione delle norme relative alla mobile number portability e in particolare: 1.440.000 euro per aver illegittimamente ostacolato le richieste di trasferimento di utenti verso operatori concorrenti; 240.000 euro per aver utilizzato in modo improprio i dati dei clienti che avevano chiesto la portabilità del numero verso un altro operatore;536.000 euro a Telecom Italia per diverse violazioni della normativa a tutela dei consumatori: 240.000 euro per aver utilizzato in modo improprio i dati dei clienti che avevano chiesto la portabilità del numero verso un altro operatore; 180.000 euro per aver addebitato servizi a sovrapprezzo non richiesti; 116.000 euro per il mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità stabiliti per l’anno 2007, sia per quanto riguarda il tasso di malfunzionamento delle linee di accesso più alto del dovuto, sia per i tempi di riparazione dei guasti superiori a quelli previsti;348.000 euro a Opitel per aver attivato servizi non richiesti ad utenti che si ritrovavano, senza saperlo, ad essere clienti della società; in questo caso l’Autorità non ha ritenuto sufficiente la proposta di impegni presentata dall’operatore, in quanto non conteneva alcuna modifica migliorativa rispetto agli obblighi già imposti dalla normativa di settore a tutti i gestori;240.000 euro complessivi (120.000 ciascuno) a BT Italia ed Eutelia per la violazione della normativa sui servizi a sovrapprezzo.

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Francesco Amirante è il 33° Presidente della Corte Costituzionale

La Corte costituzionale, convocata in camera di consiglio per oggi mercoledì 25 febbraio alle ore 10,00, ha proceduto oggi all’elezione del suo Presidente nella persona del giudice costituzionale Francesco Amirante con 13 voti e 2 schede bianche.
Il Presidente Amirante scadrà da presidente e da giudice il 7 dicembre 2010. Il Presidente della Corte costituzionale ha designato il giudice costituzionale Ugo De Siervo a sostituirlo in caso di impedimento con il titolo di Vice presidente.

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